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Patagonia per il pianeta Terra

“Il nostro unico azionista ora è il pianeta”. Così recita il sito web Patagonia dal 14 settembre 2022, dopo che il fondatore, Yvon Chouinard, ha annunciato ai propri collaboratori di aver ceduto tutta la proprietà a due organizzazioni no profit per la salvaguardia dell’ambiente. 

Un processo lento, ma da sempre improntato alla tutela della Terra: dall’utilizzo di materiali sostenibili e responsabili, alla donazione di parte del proprio fatturato ad associazioni che si occupano della tutela ambientale. “A dire il vero, abbiamo capito che non c’erano opzioni valide. Così abbiamo deciso di creare la nostra”: per salvare il pianeta, forse era necessario qualcosa in più. Diverse erano le opzioni ma, per un motivo o per l’altro, nessuna era davvero convincente. 

E quindi si è deciso di fare le cose in grande.  “Il 100% delle azioni con diritto di voto [ndr. il 2% delle azioni totali] – si legge sul comunicato ufficiale – viene trasferito al Patagonia Purpose Trust creato per tutelare e proteggere i valori dell’azienda, mentre il 100% delle azioni senza diritto di voto va all’Holdfast Collective, un’associazione non profit che si dedica a combattere la crisi ambientale e a difendere la natura”. I finanziamenti quindi arriveranno direttamente da Patagonia, perché “ogni anno i profitti dell’azienda, una volta reinvestiti internamente, verranno ridistribuiti sotto forma di dividendi e contribuiranno alla lotta contro la crisi climatica”.

L’istituto del “trust” permette, in sostanza, di separare il patrimonio del disponente, destinando alcuni beni al perseguimento di specifici interessi o al raggiungimento di uno scopo ben determinato. E infatti, a capo del Patagonia Purpose Trust c’è un team composto da un gruppo di membri della famiglia Chouinard e dai “loro più stretti consiglieri”, così vengono definiti sul Times, che continuerà a svolgere un ruolo nell’approvazione delle grandi decisioni dell’azienda e supervisionerà la donazione dei suoi profitti alle organizzazioni che combattono la crisi climatica. Per questo motivo si è optato per il trust: un’operazione di vendita avrebbe rischiato di far finire la società nelle grinfie di compratori interessati più al profitto che all’ambiente. Ma adesso il colosso dell’abbigliamento outdoor è (o meglio, resta) in ottime mani. 

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