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Il “doppio cognome” promuove l’uguaglianza

Una giornata da ricordare, questo 27 aprile 2022

Dopo decenni di trepidante attesa, le donne hanno finalmente conquistato il diritto di poter dare ai propri figli il proprio cognome. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’obbligo del solo ed automatico cognome paterno, così come previsto dall’ articolo 262 del codice civile, ritenuto “discriminatorio e lesivo dell’identità del figlio”.

“La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi”, si legge nel comunicato stampa rilasciato questa mattina, “dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

Un risultato che si rincorre da diversi anni

Già nel 1988, più di trent’anni fa, la Corte Costituzionale riconosceva che “sarebbe possibile, e probabilmente consentaneo all’evoluzione della coscienza sociale, sostituire la regola vigente in ordine alla determinazione del nome distintivo dei membri della famiglia costituita dal matrimonio con un criterio diverso, più rispettoso dell’autonomia dei coniugi”. Ma a quanto pare i tempi non erano ancora maturi, complice anche un substrato storico non ancora esattamente orientato all’uguaglianza tra uomo e donna.

Facciamo un salto in avanti al 2006, quando la Consulta esorta il Parlamento a cambiare le regole in merito al solo cognome paterno, ritenuto “il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo donna”. Qualcosa, forse, sta cambiando.

Non mancano, poi, anche gli “incoraggiamenti” a livello sovranazionale: è famoso il caso Cusan e Fazzo contro Italia, nel corso del quale la CEDU ha dichiarato che la regola che prevede la trasmissione del cognome paterno si basa su una discriminazione fondata sul sesso dei genitori, in palese contraddizione con il principio di uguaglianza. Una pronuncia del 2014 che non ha portato al risultato atteso nell’immediato ma che, aggiungendo l’ennesimo tassello, ha contribuito al quadro che oggi si è (quasi) completato.

E ancora: è il 2016, la Corte dichiara l’incostituzionalità della legge “nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno”.

Questa è la regola

Arriviamo quindi ad oggi, quando la regola diventa che “il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due”. E ancora: “in mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico”. Una sentenza che, senza alcun dubbio, passerà alla storia.

È il turno del legislatore

La palla passa adesso al legislatore che avrà il compito, nei prossimi mesi, di regolare tutti gli aspetti normativi connessi a questa tanto attesa quanto rivoluzionaria pronuncia.

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