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Con la riforma Cartabia alcuni reati non saranno più procedibili d’ufficio

La riforma Cartabia

Approvata nel 2021, la riforma Cartabia prevede numerose novità sia nell’ambito del processo penale che di quello civile. Lo scopo della riforma è un generale efficientamento della giustizia, con conseguente riduzione dei tempi dei processi. Prescrizione, digitalizzazione, procedimenti speciali e misure alternative al carcere sono solo alcune delle novità introdotte dalla riforma, che entra in vigore proprio in questi giorni (per l’esattezza, il 30 dicembre scorso è entrata in vigore una parte della riforma relativa al solo processo penale, mentre quella del processo civile, inizialmente fissata per il 30 giugno 2023, sembra possa essere anticipata al 28 febbraio).

La novità: i reati non più procedibili d’ufficio

Ma è stata una novità in particolare ad aver suscitato scalpore in questi primi giorni di gennaio: alcuni reati, prima procedibili d’ufficio, ora saranno perseguibili solo su querela della parte offesa. In poche parole, l’autorità giudiziaria non potrà più dare avvio autonomamente all’azione penale, ma è necessario che la parte che ha subito il reato ne faccia denuncia, entro tre mesi dal fatto.

Tra i reati interessati dalla riforma ne figurano diversi, sia contro la persona che contro il patrimonio: tra questi rientrano, ad esempio, le lesioni personali gravi o gravissime e le lesioni personali dolose – in entrambi i casi solo in assenza di circostanze aggravanti -, il sequestro di persona non aggravato, la violenza privata, la violazione di domicilio, il furto semplice o aggravato. Discorso a parte se queste categorie di reati sono commessi nei confronti di incapaci per età o infermità: in quel caso, resta la procedibilità d’ufficio.

Le motivazioni

Tra le ragioni a sostegno della decisione c’è al primo posto l’esigenza di snellire e rendere più efficiente la giustizia penale, in modo da limitare i casi in cui si rende necessario l’intervento del giudice: un intervento certamente necessario, visti i lunghi tempi tradizionalmente richiesti in Italia per la definizione dei processi.

Proprio per questo i reati oggetto della riforma presentano un denominatore comune molto chiaro: tutte le fattispecie si verificano con una certa frequenza e si prestano a condotte riparatorie e risarcitorie.

Le polemiche: l’apparente depenalizzazione

Le critiche mosse contro la novità introdotta dalla riforma Cartabia riguardano essenzialmente il fatto che, in questo modo, si finirebbe per depenalizzare alcuni reati. Da un certo punto di vista, forse più superficiale, questo potrebbe sembrare vero: una persona potrebbe evitare il carcere, pur colta in flagranza di reato, se il soggetto offeso decidesse di non sporgere denuncia. Ma, in realtà, la riforma non parla di depenalizzazione: in procura il fascicolo viene aperto, è solo necessaria la querela per dare impulso all’azione penale. Quello che si evita, in questo modo, è solo la carcerazione preventiva, il che non può che giovare all’annoso problema del sovraffollamento delle carceri.

Cosa succede ai processi iniziati prima della riforma?

Un altro tema dibattuto riguarda le sorti dei processi aperti prima dell’entrata in vigore della riforma. La regola generale sulla successione delle leggi nel tempo prevede che, in caso di contrasto, si applichi la legge più favorevole al reo. Pertanto, in questo caso, al 30 dicembre 2022 avrebbero dovuto essere dichiarati improcedibili tutti quei reati per i quali non era stata, a suo tempo, presentata querela, con conseguenze decisamente sfavorevoli per la persona offesa, che ha fatto affidamento sulla procedibilità d’ufficio. L’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, tramite una relazione del 7 novembre 2022, ha però trovato una soluzione di compromesso, chiarendo che, per i reati commessi prima dell’entrata in vigore delle modifiche, il termine di tre mesi per la proposizione della querela decorre non dalla data in cui è stato commesso il fatto, ma dal 30 dicembre 2022. I procedimenti già avviati, invece, potranno continuare, ma le misure cautelari perderanno efficacia se entro 90 giorni non sarà sporta la denuncia.

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