a
Sorry, no posts matched your criteria.
 • legal  • La tutela della libertà di parola

La tutela della libertà di parola

libertà di parola

— di Giampaolo Berni Ferretti, consigliere del Municipio 1 del Comune di Milano —  

In un momento storico come quello attuale, in cui l’uomo si trova al confine tra un futuro che ancora a fatica sa utilizzare positivamente e il rischio di esserne travolto e soggiogato, il ruolo della Democrazia risulta oggi più che mai decisivo nel mantenere una società solida, libera e veramente partecipativa.

Platone. La Democrazia rappresenta un ideale

Già Platone nella sua “Repubblica” dice apertamente che la Democrazia rappresenta un ideale, ossia un modello di uno Stato che non si ferma ad un ideale ma che, al contrario, sia strutturato secondo modalità che tengano maggiormente conto di come sono effettivamente gli esseri umani e non, invece, di come dovrebbero comportarsi. In questo modello, in particolare, l’educazione per i Governanti, secondo Platone, è di così grande importanza e così difficile da padroneggiare che doveva durare cinquant’anni (il filosofo la chiamava la “lunga strada”). Fra i 30 e i 35 anni doveva avvenire il tirocinio più difficile, ossia il cimento con la dialettica, mentre dai 35 ai 50 anni doveva avvenire una ripresa dei contatti con la realtà empirica, cioè tramite l’assunzione di varie mansioni.[link]

La finalità dell’educazione del politico consisteva nel giungere a conoscere e a contemplare il Bene, la “cognizione massima”, per poi poterlo calare nella realtà storica del suo Stato. Questo aspetto è di particolare importanza nella filosofia di Platone perché il Bene è visto da lui come il principio primo da cui dipende tutto il mondo ideale. Si comprendono così le affermazioni del filosofo nel finale del libro IX della “Repubblica, secondo le quali “poco importa se ci sia o possa esserci” tale Città (o Stato), basta che ciascuno “viva secondo le leggi di questa Città”, ossia secondo le leggi del Bene e della Giustizia.

La demagogia, per Platone, invece, come ci racconta nel “Politico” e nelle “Leggi“, è una forma degenerata del “governo di molti” (visione che aveva anche il suo allievo Aristotele), che facilmente può prendere piede quando la democrazia non è retta da persone che perseguono il Bene.

Spesso il demagogo fa leva su sentimenti irrazionali e bisogni sociali latenti, alimentando istinti primordiali e non controllabili come la paura, l’odio o la rabbia nei confronti dell’avversario politico o di minoranze, utilizzate come un vero e proprio “capro espiatorio“, secondo le sempre attuali parole di Elias Canetti,[link] e come “nemico pubblico“, utili alla formazione di un fronte comune, uniformato temporaneamente dalla medesima lotta e, così, scevro di dissenso interno. Inoltre, nell’ampia casistica dei mezzi demagogici vengono indicati anche l’utilizzo di un linguaggio politico derisorio verso gli avversari o caratterizzato da una vistosa enfatizzazione degli effetti negativi delle loro politiche fino a giungere a continue strumentalizzazioni e distorsioni del loro messaggio.

La distorsione della realtà

Riguardo all’efficacia di tale metodologia politica, risuonano ancora oggi come estremamente forti ed attuali le parole spesso attribuite a Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945: “ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”. Questa frase, della cui attribuzione per ironia della sorte non si trovano conferme che sia stata effettivamente pronunciata dal gerarca nazista, è comunque emblematica di come si possa distorcere la verità fino a convincere il pubblico che la realtà dei fatti sia diversa o addirittura l’opposto. È, infatti, in virtù di questo rischio di distorsione della realtà che nel tempo diversi enti ed autorità, sia nazionali che internazionali, si sono impegnati al fine di costruire degli strumenti giuridici, o quantomeno di formare un terreno comune su cui poterli forgiare, capaci di contrastare questo pericolo di mistificazione sia dei fatti che, forse più intensamente nelle normative nazionali, delle qualità di una persona.

A causa, poi, dell’evoluzione tecnica degli strumenti di diffusione e di condivisione delle proprie opinioni, oggigiorno risulta particolarmente importante identificare quale sia effettivamente il giusto punto di equilibrio tra la tutela della reputazione di una persona e la libertà di pensiero e di parola. In altre parole, su quale sia il confine tra legittimo esercizio della propria libertà di esprimersi, così attentamente curata e protetta dopo la tragica esperienza degli autoritarismi di inizio XX secolo, e l’illegittimo compimento di azioni di diffamazione del soggetto verso cui è stata indirizzata questa espressione.

Libertà di parola. Convenzioni e trattati internazionali

In quest’ambito pare opportuno riportare come già a livello sovra-nazionale la questione dell’equilibrio tra libertà e tutela sia stata affrontata o quantomeno accennata. In particolare, conviene riportare in questa sede come le previsioni di tutela della libertà di parola siano diffuse e attentamente inserite in diverse convenzioni e trattati internazionali, nonché in dichiarazioni programmatiche di organizzazioni intergovernative.

Infatti, già l’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, approvata dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, afferma che “ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.

Anche la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea consacra, al suo articolo 11, la libertà di espressione e d’informazione, prevedendo testualmente che “ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati”.

In termini simili, poi, anche la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall’Italia – in uno al protocollo aggiuntivo firmato a Parigi il 20 marzo 1952 – con la legge del 4 agosto 1955, n. 848) dedica il suo articolo 10 non soltanto alla stampa in particolare, ma alla libertà di espressione in generale nei suoi profili attivi e passivi, affermando che “ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”.

(Foto di copertina markus-winkler-RMBZQFvPU4U-unsplash)

POST A COMMENT