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La previdenza integrativa dopo 30 anni diventa europea

Previdenza integrativa in Italia

di Dario Scrosoppi

Quest’anno cade il 30° anniversario dall’entrata in vigore della legge istitutiva della previdenza complementare in Italia e tale ricorrenza offre l’occasione per fare il punto sulla sua applicazione e sulle nuove prospettive che a breve si apriranno in questo settore.

Scarsa finora la diffusione dei fondi pensione

Non si può negare che finora la diffusione dei fondi pensione non sia stata quella immaginata a suo tempo: la COVIP, l’organismo di vigilanza sulla previdenza integrativa, nella sua ultima rendicontazione di fine 2021 evidenzia che risultano iscritti ai fondi 8,8 milioni di individui cui si riferiscono circa 9,5 milioni di posizioni aperte. Tenuto conto che non tutti gli iscritti contribuiscono con continuità, si può facilmente dedurre che non più di un quarto dei lavoratori italiani aderisce attivamente alla previdenza complementare, nonostante per alcune categorie di lavoratori dipendenti l’adesione ai fondi chiusi sia praticamente automatica. Se poi consideriamo che possono iscriversi alla previdenza privata anche i minori e coloro che non lavorano, possiamo renderci facilmente conto di quanto spazio di crescita vi sia ancora nel settore.

Inoltre, visto il contesto demografico ed economico che proietta per gli anni a venire una diminuzione delle prestazioni della previdenza pubblica nelle sue diverse forme e un contestuale innalzamento delle età di pensionamento (Covid permettendo), l’urgenza di stimolare una massiccia adesione alla previdenza integrativa è ancora più evidente.

Cessazione dell’attività lavorativa e maturazione dei requisiti per il pensionamento

Ma c’è un altro aspetto che desidero rimarcare e che può riguardare in qualche modo anche la nostra categoria di dirigenti assicurativi, cioè il gap che si viene a creare tra la cessazione dell’attività lavorativa e la maturazione dei requisiti per il pensionamento. Malgrado gli “scivoli” e le “isopensioni”, ove previsti, sarà sempre più frequente il dover attingere alla RITA (Rendita Immediata Temporanea Anticipata), istituto previsto dalla regolamentazione sulla previdenza complementare, per avere un ponte economico che copra l’arco temporale tra la cessazione dell’attività lavorativa e l’erogazione della pensione pubblica.

PIP e fondi aperti

Le assicurazioni in questo ambito giocano un ruolo importante, essendo da un lato le uniche realtà autorizzate ad emettere i cosiddetti PIP – quasi 4 milioni di polizze in forza e che spesso rilevano i più alti tassi di crescita del mercato – oltre a fondi aperti e dall’altro lato controllando reti commerciali che se opportunamente preparate possono aiutare a diffondere la cultura della previdenza in modo capillare. Spesso però, a causa delle commissioni riconosciute alle reti, i PIP sono anche i più cari per la clientela e perciò la prevedibile concorrenza dei canali digitali e le richieste di maggiore trasparenza dovranno prima o poi far riconsiderare il posizionamento di questi prodotti.

Previdenza integrativa. Le giovani generazioni

In questo non felice contesto prospettico, la previdenza complementare offre comunque un servizio che si rivela essenziale soprattutto per le attuali giovani generazioni che, tra l’altro, soffrono di discontinuità lavorative e di contribuzioni indirizzate a fondi diversi. A questo ruolo sociale che l’istituto della previdenza complementare indubbiamente gioca e che ne costituisce l’elemento fondante, manca però a mio avviso l’apporto trainante che le istituzioni pubbliche dovrebbero fornire per promuoverne la diffusione. Dovrebbe infatti essere interesse primario stimolare l’attenzione generale verso il tema previdenziale sia in termini informativi verso il potenziale mercato (ricordo a questo proposito l’effetto suscitato dalle “buste arancioni” inviate dall’INPS) che in termini fiscali favorendo maggiormente le contribuzioni verso la previdenza privata per prevenire futuri ricorsi a provvedimenti assistenziali sulla popolazione in età più avanzate.

PEPP (Pan European personal Pension Product)

Ma il 2022, oltre che per il trentennale dell’istituzione dei fondi pensione, sarà ricordato anche per l’introduzione dei cosiddetti PEPP (Pan European personal Pension Product) e chissà che questa novità non possa dare quel necessario scossone al mercato per far finalmente decollare le adesioni.

I PEPP sono prodotti pensionistici individuali ai quali i risparmiatori aderiscono su base volontaria e complementare rispetto quelli nazionali: la loro caratteristica essenziale è quella di garantire la portabilità del proprio risparmio previdenziale all’interno degli stati dell’Unione Europea, anche a fronte di cambi di paese di residenza e di attività lavorativa. La normativa europea così introdotta armonizza le regole in tema di contenuto minimo dei contratti PEPP per quel che riguarda registrazione, distribuzione, politiche di investimento trasferimento e portabilità del prodotto nei vari paesi membri, lasciando però alla normativa nazionale gli aspetti fiscali e alcune condizioni nelle fasi di accumulo e di erogazione delle prestazioni.

Anche in questo caso, il prodotto sembra disegnato dal legislatore europeo per i giovani lavoratori che sempre più spesso trascorrono periodi di studio e di lavoro in diversi stati dell’Unione Europea e che altrimenti non avrebbero potuto contribuire continuativamente in un unico fondo.

L’effetto competitivo dei PEPP

Senza entrare nel merito dell’articolata normativa emessa un anno fa dall’EIOPA (Autorità Europea delle Assicurazioni e Pensioni) e relativa alle adesioni, alla portabilità, ai costi ed alle opzioni di investimento, possiamo affermare che i PEPP produrranno un effetto competitivo anche sul mercato italiano. Lo stesso presidente della COVIP Mario Padula ha recentemente affermato che proprio nella prospettiva di una migliore integrazione della previdenza complementare italiana nel quadro europeo, “andrebbe valutato un intervento di riassetto della fiscalità dei fondi pensione che tenga maggiormente conto dei modelli di tassazione più diffusi adottati a livello comunitario”, eliminando ad esempio la tassazione annuale sui rendimenti in fase di accumulo oggi fissata al 20%.

Il 22 marzo 2022 è la data fissata dalla Commissione Europea per poter rendere operativi sul mercato i PEPP ma a tutt’oggi non sono stati ancora emanati dalla COVIP i regolamenti nazionali. L’organismo di controllo ha spesso richiamato l’attenzione del mercato sul tema dei costi e riteniamo quindi che l’introduzione dei PEPP in Italia, grazie ai cost cap che introducono (1% al netto dell’eventuale costo delle garanzie), siano un elemento calmierante del mercato gradito alla COVIP stessa.

Il patrimonio dei fondi pensione

Oggi il patrimonio complessivo gestito dai fondi pensione ha superato in Italia i 212 miliardi di euro, cifra assolutamente ragguardevole anche rispetto a pochi anni fa, ma che costituisce una percentuale intorno al 12% del PIL nazionale ancora molto lontano dalla media OCSE che supera il 60%. Anche se ormai trentenne, il mercato della previdenza integrativa si trova ancora in una fase poco matura con ampi margini di crescita e di diffusione per il bene della collettività e del Paese.

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