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Spreco alimentare, un fenomeno che va fermato

Storie dal futuro, la newsletter che Valori dedica ogni settimana al racconto e al ritratto dei protagonisti del cambiamento, parla di spreco alimentare. E di tutte le persone e le organizzazioni che credono e agiscono per la sostenibilità.

Valori è un hub editoriale specializzato nei temi della finanza etica e dell’economia sostenibile.

Questa settimana Rosy Battaglia affronta il tema dello spreco di cibo, che riprendiamo volentieri sul nostro MAG

«Lottare contro lo spreco di cibo e per politiche alimentari più giuste è fare politica. Nel senso dell’antica polis. Quella che vedeva i cittadini coordinarsi tra loro per migliorare la vita nella loro città»Lorenzo Di Stasi, 31 anni appena compiuti, nella vita fa il giornalista freelance ha le idee ben chiare. Ha scelto di impegnarsi come socio volontario e responsabile della comunicazione di Recup, associazione di promozione sociale milanese, nata nel 2016 con l’obiettivo di dare valore sociale al cibo che perde valore economico.

«Il nostro obiettivo è quello di partire dal recupero di frutta e verdura che viene scartata nei mercati all’aperto di Milano e combattere l’esclusione sociale», ci spiega. «Senza creare ostacoli alla vendita, nei giorni di mercato ci rechiamo fisicamente nei mercati rionali più importanti della città. Lì ci rivolgiamo ai commercianti e chiediamo la loro disponibilità a donare cassette di prodotti che altrimenti andrebbero al macero, ma che sono ancora commestibili».

Spreco alimentare, le cause

Le cause dello spreco sono molteplici, tra cui anche la mancanza di sistemi di conservazione, specie d’estate. «Ma è solo uno degli aspetti del nostro sistema attuale. Se frutta e verdura non rispettano determinati canoni estetici vengono scartati anche se ancora commestibili», chiarisce Lorenzo. «Noi raccogliamo, selezioniamo ciò che è ancora buono. E lo distribuiamo gratuitamente sia a chi ha collaborato al recupero sia a chi ne ha bisogno. Siamo riusciti a coinvolgere, nel tempo, infatti anche le persone più sole, povere. Che già erano costrette a frugare tra i rifiuti per procurarsi cibo».

L’altra parte del raccolto in eccedenza viene invece distribuita dal network di quindici realtà tra cooperative, gruppi informali di cittadini e associazioni milanesi che si è creato durante la crisi innescata dal coronavirus. Una rete sociale di solidarietà in grado di raggiungere celermente coloro che vivono in stato di povertà e disagio economico, quartiere per quartiere. «Dopo più di un anno dall’inizio della pandemia riusciamo a raccogliere ogni settimana, tra i dieci mercati più importanti della città, oltre sei tonnellate di cibo», racconta orgoglioso Lorenzo. Un piccolo grande record per una città dalla doppia anima: divisa tra estrema agiatezza ed estrema povertà. «Ci sono enormi differenze tra periferia a centro. Abbiamo toccato con mano il forte divario sociale che c’è tra chi è ricco e chi è povero, tra centro e periferia».

I danni della pandemia

Proprio i ripetuti e duri lockdown hanno rischiato di fermare il circuito virtuoso, però. «La pandemia, con il rallentamento dei mercati, ci aveva molto indebolito. Ma siamo rimasti connessi e abbiamo cercato di mettere a frutto l’esperienza, le relazioni che avevamo instaurato in questi anni. Fino a collaborare con le istituzioni con il progetto del Comune “Milano aiuta”. Progetto che si è interrotto dopo la fine del lockdown, mentre noi siamo andati avanti», sottolinea Lorenzo. «Anche perché le persone svantaggiate non sono solo quelle identificate dai servizi sociali o dei quartieri più popolari. Ora sappiamo che una parte di popolazione più povera, a Milano, non è raggiunta dal sistema di assistenza. Noi ci siamo attivati perché ciò non accadesse».

Recup

Oggi Recup ha ottenuto uno spazio fisso proprio all’interno del Mercato Ortofrutticolo all’ingrosso, uno dei più grandi d’Italia, in accordo con la Sogemi, la società partecipata del Comune che lo gestisce. «Ma abbiamo bisogno di un minimo di stabilità economica e di nuove strutture, come alcune celle frigo per raccogliere i prodotti raccolti. Viviamo di donazioni, abbiamo partecipato ad alcuni bandi e lanciato una campagna di crowdfunding», precisa Lorenzo.

La loro prima raccolta fondi su Produzioni dal Basso, promossa e selezionata da NaturaSì, è in chiusura proprio in questi giorni. «Sono fondi che ci permetteranno di dare anche una seconda vita alla frutta e alla verdura salvata dai cassonetti, con il laboratorio di trasformazione, in collaborazione con una cuoca professionista, Ilaria, ideatrice di “Chef and The City“. Lei cucinerà e venderà i suoi prodotti e una parte del ricavato tornerà a Recup per il sostegno delle attività».

Se verrà raggiunto l’obiettivo prefissato, l’associazione potrà finanziare l’affitto dell’hub di smistamento delle cassette di frutta e verdura e l’acquisto delle celle frigorifere. E in parte anche il lavoro di ragazze e ragazzi, tutti under 35, che ormai si dedicano sempre più all’associazione.

«Io stesso che mi sono trasferito a Bruxelles, continuo il mio impegno da remoto, che ormai prende anche più di un terzo del mio tempo», confessa Lorenzo. «Il nostro progetto cresce e ognuno di noi oggi ha un ruolo ben preciso. Dalla progettazione per i bandi di finanziamento e le campagne raccolta fondi, all’amministrazione, alla comunicazione. Sappiamo che tutto ciò che abbiamo creato finora ha senso», conclude. «Siamo riusciti a creare collaborazione e comunità tra persone diverse, uno scambio interculturale e intergenerazionale che prima, nella nostra città, mancava. Il cambiamento siamo noi».


Puoi seguire l’Associazione Recup sulla pagina FacebookInstagram e contribuire alla campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso.

Un momento della distribuzione contro lo spreco di cibo © Claudio Manenti

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