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Mergers and Acquisitions: Brexit? Il Regno Unito migliora

Secondo i dati dell’ultimo Mergers and Acquisitions Attractiveness Index Score (Maais), compilato dal Mergers & Acquisitions Research Centre della Business School (ex-Cass) di Londra, per molti Stati quest’anno pesano in modo particolare i fattori normativi e politici, quando sono poco attrattivi per gli investitori.

Ma, nonostante i timori generati della Brexit, il Regno Unito migliora nella classifica. Infatti, tra i più virtuosi del 2020 spiccano Regno Unito, Arabia Saudita e Islanda. In sofferenza Brasile e Cina.

Nonostante tutte le profezie di sventura, il Regno Unito si è dimostrato resiliente, almeno nel breve termine, dopo la Brexit.

Secondo l’indice di attrattività di Mergers and Acquisitions il Regno Unito è salito di due posizioni, al quinto posto nel mondo e al terzo in Europa rispetto all’anno precedente.

Alla fine, la Brexit non è stata poi così negativa per il Regno Unito, che rimane una destinazione interessante per gli investimenti nonostante l’uscita dall’Unione Europea.

Mergers and Acquisitions

La Business School (ex Cass) valuta ogni anno i Paesi di tutto il mondo in base alla loro capacità di attrarre e sostenere attività di M&A nazionali e inbound, classificate in base a sei driver di sviluppo. Il punteggio finale per ogni Paese si basa principalmente sui valori dell’indice, ma anche sul volume effettivo di attività che ha avuto luogo nel corso dell’anno.

La Brexit si è rivelata un vantaggio?

Gli ultimi dati, relativi al 2020, mostrano che il Regno Unito è salito di due posizioni, al quinto posto nel mondo e al terzo in Europa, dietro a Germania e Paesi Bassi, rispetto all’anno precedente. Secondo i dati raccolti, ciò è dovuto principalmente ai punti di forza percepiti nelle aree delle infrastrutture e dei beni, nonché alle competenze tecnologiche.

La Germania, attualmente al terzo posto nella classifica generale, è il primo Paese europeo nell’indice. Nonostante tutte le incertezze causate da Brexit e Covid-19, la Germania ha guadagnato due posti nell’elenco generale grazie ai suoi fattori normativi e politici stabili, nonché alle infrastrutture e alle risorse.

Gli Stati Uniti e Singapore hanno mantenuto rispettivamente il primo e il secondo posto per via della continua forte performance in termini di infrastrutture e asset.

In cinque anni l’Italia è scesa di 23 posizioni ed è ora fuori dalla top 30 mondiale: in merito all’attività del 2020 l’Italia si colloca al 36° posto, perdendo tre posizioni rispetto all’anno precedente.

L’Arabia Saudita sale di 20 posizioni ed entra nella top 30 grazie al miglioramento delle sue prestazioni socio-economiche secondo i dati della Banca Mondiale. L’Islanda sale di 13 posizioni fino al 32° posto, in gran parte grazie al punteggio dell’indice ESG (Economic, Social and Corporate Governance).

In un confronto globale, il Brasile sta perdendo 12 posizioni, non da ultimo a causa dello scarso sviluppo normativo e politico dello scorso anno. La Cina è in calo di 20 posizioni poiché i fattori normativi ed ESG continuano a influenzare le rispettive località.

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