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Il “Garante” e la sua concezione talebana della privacy

Riceviamo da Pietro Ichino, e con grande interesse pubblichiamo, queste considerazioni sul Garante

Mentre il Parlamento Europeo e il nostro Governo si apprestano a varare misure volte a rendere conoscibile il grado di immunità delle persone al Covid-19, la nostra Autorità preposta alla protezione dei dati personali resta abbarbicata a una posizione integralista indifendibile

Pietro Ichino (Milano22 marzo 1949) è un giuristagiornalistapoliticosindacalista e accademico italiano. Già deputato dal 1979 al 1983 come indipendente eletto nel Partito Comunista Italiano e senatore dal 2008 al 2013 eletto nel Partito Democratico, è senatore eletto nella circoscrizione Lombardia nella lista Con Monti per l’Italia e docente ordinario di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Milano. A febbraio 2015, ritorna nel PD.

Qui maggiori dettagli.

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 542 di Pietro Ichino, 19 aprile 2021 

Il Governo si appresta a varare una sorta di certificato vaccinale che consenta lo spostamento tra le regioni indipendentemente dal livello dell’allarme sanitario: iniziativa apprezzabilissima, mirata ad accelerare la ripresa del settore turistico e alberghiero. Le Ferrovie dello Stato, dal canto loro, stanno approntando dei treni “covid-free”, sui quali sarà possibile salire soltanto con un certificato di vaccinazione o comunque di immunità: misura che si giustifica con la necessità di assicurare il massimo di sicurezza, soprattutto ai viaggiatori per i quali contrarre il virus è più pericoloso. Il Parlamento Europeo, dal canto suo, sta lavorando celermente al varo di un Vaccine Passport, considerandolo uno strumento indispensabile per ripristinare la libertà di circolazione, pilastro fondamentale dell’Unione. Nonostante tutto ciò, il nostro Garante per la Privacy resta attestato sulla posizione assunta a febbraio, in difesa del diritto della persona – immutabile, irrinunciabile e non suscettibile di temperamenti – di mantenere il riserbo sul proprio essere vaccinata o no e sull’avere contratto o no l’infezione. Così facendo, il Garante della Privacy tradisce la propria funzione istituzionale, che dovrebbe consistere non in una difesa di questo valore assoluta, integralista, ma nel promuovere il suo ragionevole bilanciamento con tutti gli altri valori costituzionali, primo fra tutti oggi quello della protezione della salute e sicurezza della collettività. La disciplina della protezione dei dati personali ha la sua prima fonte nell’ordinamento europeo; se questo stesso ordinamento si orienta nel senso di rendere conoscibile il grado di immunità delle persone al virus per consentire la loro libera circolazione, perché lo stesso dato non dovrebbe essere conoscibile dall’imprenditore per consentirgli di adempiere il proprio dovere di sicurezza nei confronti di dipendenti e terzi? Per fortuna il parere del Garante della Privacy è soltanto un parere. Peccato che in questo modo esso perda ogni autorevolezza.

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